Niente Ici? Profondo rosso per i conti dei Comuni italiani del vino

Un futuro tutt’altro che roseo per i “custodi” dell’immagine dell’agricoltura italiana riconosciuta in tutto il mondo. E’ il classico “paradosso all’italiana”: modelli di vita ideali e per questo “vetrine a cielo aperto” del made in Italy, con l’abolizione dell’Ici, e in mancanza di risorse alternative, i comuni d’eccellenza del vino non riescono a far quadrare i loro bilanci, perdendo in funzionalità e in qualità dei servizi ai cittadini. Ecco perché, sostengono le Città del Vino sempre più comuni si avvicinano pericolosamente ad un vero e proprio “crack”. Per scongiurare questa inevitabile sorte, ai comuni, per sopravvivere, non resta che finanziarsi attraverso multe, autovelox e gli oneri provenienti da nuove edificazioni.

L’appello di Valentini – “Per questo chiediamo al Governo – sottolinea il Presidente delle Città del Vino Valentino Valentini – di affrontare in maniera seria il tema della fiscalità rurale e alle aziende vitivinicole una maggiore responsabilità nei confronti delle rispettive comunità. Vale per tutti, ma in particolare per le realtà più sviluppate e di successo, che l’egoismo, per cui tutto è dovuto senza pagare niente, ha le gambe corte e non porta da nessuna parte. Il convento povero, la città, con i frati ricchi, le aziende, non potrà reggere a lungo per i percorsi in forte salita che la crisi economica e la recessione sicuramente ci presenterà nei prossimi mesi”. Nei giorni scorsi l’intervento della deputata Pd Susanna Cenni e la denuncia della Cia senese dopo i "casi" in provincia, di Montalcino e Piancastagnaio.

L’abolizione dell’Ici rurale – L’abolizione dell’Ici rurale (L.222/2007 art. 42 bis), non compensata da altri introiti, ripropone il tema della disuguaglianza di trattamento fiscale tra le diverse categorie di operatori economici, e la necessità di porvi rimedio. Mentre si allargano le polemiche sul patto di stabilità e sul federalismo fiscale che si allontana, cresce la preoccupazione delle Città del Vino per i comuni italiani.

Comuni in rosso – “Ciò che manca – prosegue Valentini – è un adeguato riconoscimento anche economico della funzione che hanno oggi i comuni rurali, la maggioranza in Italia, di piccola e media entità, dove l’agricoltura riveste un ruolo fondamentale, per lo sviluppo dell’economia legata alle produzioni tipiche e per il turismo enogastronomico. Il problema è che gli stessi comuni non dispongono della forza economica per tutelare il paesaggio, per fornire adeguati servizi e per la cura dei centri storici. Il territorio contribuisce in maniera rilevante al valore aggiunto delle produzioni e alla loro percezione nell’immaginario collettivo, in un circolo virtuoso in cui il vino promuove il territorio e viceversa. Ma i comuni, che devono sostenere maggiori costi, stentano a garantire standard qualitativi elevati a causa del taglio delle risorse: alla lunga il rischio è quello di danneggiare irrimediabilmente l’immagine di questi luoghi che il mondo ci invidia”.

Crescita del disagio abitativo – I dati registrano la crescita del disagio abitativo (indagine Confesercenti 2008) anche tra i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti, e anche nelle Città del Vino diminuisce il reddito procapite. Con l’abolizione dell’Ici sui fabbricati rurali e sulla prima casa, restano di fatto ancora da individuare le risorse alternative per gli enti locali.
In questo contesto, potrebbe essere valorizzato e applicato il Decreto Legislativo n.228/2001 “Legge di orientamento per l’agricoltura”, che definisce la multifunzionalità dell’impresa agricola, che può essere coinvolta nella realizzazione di interventi utili alla tutela e al mantenimento della qualità complessiva dei territori (manutenzione di strade, tutela del paesaggio, salvaguardia dell’ambiente).

Ici o cemento – L’alternativa a tutto questo è soltanto una: cementificazione dei borghi e delle città rurali. Perché le poche entrate possibili per le casse comunali potranno essere quasi esclusivamente i proventi delle opere di urbanizzazione. Non sarebbe male che la tassa di ingresso, prevista dalla riforma del settore vitivinicolo europeo, per gli imprenditori che si insediano in un territorio a denominazione, sia riconosciuta al comune, come detentore di quel patrimonio collettivo a cui fa riferimento. 

A Siena interviene la Lega Nord – Sulla vicenda dell’ICI sulle aziende agricole, adottata nel senese solo a Montalcino e Piancastagnaio, la Lega Nord di Siena, grazie all’azione di Francesco Giusti, ha richiesto un intervento ai propri Deputati ed al Ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia. “Nei prossimi giorni”, afferma Giusti, “le nostre strutture parlamentari e ministeriali forniranno al mondo agricolo dei due comuni, alle Associazioni ed ai rispettivi primi cittadini quelle risposte che i produttori e gli agricoltori si attendono, affrontando il tema della fiscalità rurale”.

Legittimità – L’abolizione dell’ICI sulla prima casa avrà anche ridotto le entrate per i Comuni, ma occorre verificare la legittimità di chi vorrebbe far rientrate a tutti i costi le costruzioni rurali nel novero degli immobili soggetti all’ICI. Infatti, è manifesto però il principio, riconosciuto sia da parte dell’Agenzia delle Entrate che del Territorio, di escludere tali immobili dalla tassazione ICI e non possono certamente bastare delle sentenze della Cassazione a capovolgerlo. Occorre a tal proposito ricordare che l’ICI sui fabbricati rurali è stata introdotta in modo molto confuso dal Governo Prodi ed è stata una misura del Vice Ministro dell’epoca, Visco. Ci sarà lo spazio in un prossimo provvedimento del Governo per risolvere definitivamente con un’interpretazione autentica questo problema.

Informazione pubblicitaria