Petizione ‘Salva la tua birra’ supera in pochi giorni le 40mila firme

In pochi giorni la campagna "Salva la tua birra" per la raccolta firme contro l’aumento delle tasse sulla birra, lanciata da AssoBirra, ha superato le 40mile firme. Anche Agricultura.it ha partecipato all’iniziativa.

Salva la tua Birra – E’ questo lo slogan della campagna lanciata da AssoBirra per contrastare l’aumento delle accise sulla birra deciso dal Governo per finanziare il DL Scuola e il DL Cultura, e che presto dovrà essere votato dal Parlamento. Una campagna simile a quelle lanciate in Gran Bretagna e in Olanda per salvare la classica “pinta” da analoghi aumenti. Una iniziativa unica nel suo genere in Italia, pensata per tutelare uno degli ultimi piccoli piaceri dei consumatori, e che avrà un duplice obiettivo: da una parte, informare cittadini e consumatori su cosa sia davvero l’accisa e su quali conseguenze genererebbe un nuovo aumento in termini di consumi e di occupazione, oltre che di entrate ridotte per lo Stato; dall’altra parte, l’obiettivo della campagna è “chiamare all’azione” gli oltre 35 milioni di consumatori, per agire insieme contro una tassa ingiusta, inefficace e dannosa che in primis andrebbe a colpire proprio loro. Per riuscire in questo compito AssoBirra lancia una petizione sottoscrivibile online sul sito www.salvalatuabirra.it e sulla piattaforma social change.org da presentare a Governo e Parlamento, e si appresta ad aprire una pagina Facebook dedicata e un profilo twitter, oltre all’hashtag #salvalatuabirra, per informare gli italiani sulle reali conseguenza di questa decisione del Governo.
Alberto Frausin, Presidente di AssoBirra, spiega la scelta dell’associazione: “Le nostre aziende sanno che ci sono settori, come l’istruzione e la cultura, che hanno bisogno di investimenti, ma quello che chiediamo alle Istituzioni e alle forze politiche è di non continuare a trovare le risorse necessarie aumentando ancora le tasse. L’accisa – precisa Frausin – è una tassa che paga il consumatore ogni volta che beve una birra, che lo faccia in pizzeria o al bar o a casa sua. Già oggi 1 sorso su 3 va al Fisco, in pratica su una birra da 66cl da 1 euro ben 37 centesimi sono di tasse; e con i nuovi aumenti si arriverebbe a un sorso su due! Senza contare che questi aumenti rischiano di mettere in ginocchio un settore in cui operano oltre 500 aziende che danno lavoro direttamente a 4.700 persone (+4,4% rispetto al 2011), che arrivano a circa 150.000 se si considera l’indotto. Senza contare che, da nostre stime, l’aumento dell’accisa porterà anche ad un calo ulteriore dei consumi di birra di circa il 5-6% (consumi che sono peraltro già in calo nei primi mesi del 2013). Sono settimane che continuiamo a chiedere al Governo: perché si penalizza un settore che funziona e che crea ricchezza, anziché tagliare la spesa pubblica improduttiva?”.

La birra è l’unica bevanda a bassa gradazione alcolica che paga le accise in Italia
– L’iniziativa “Salva la tua birra” vuole, come detto, informare il maggior numero di persone possibile su una tassa ritenuta ingiusta, inefficace e dannosa per tutti. L’accisa è ingiusta, perché la birra è l’unica bevanda a bassa gradazione alcolica a pagarla in Italia (oltre alla birra pagano l’accisa nel nostro Paese solo i vini liquorosi e aromatizzati, i distillati e i liquori). Nel nostro Paese quindi non pagano le accise le bevande alcoliche che rappresentano il 65% dei consumi di alcol. Ad esempio, il vino in Italia non paga le accise. Senza contare che le accise sono già cresciute nell’ultimo decennio di quasi il 70%, ponendo l’Italia tra i Paesi che pagano in Europa le accise più alte (senza contare che l’aliquota Iva della birra è da poco arrivata al 22% e l’accisa stessa è gravata dall’Iva). I consumatori italiani pagano tre volte le accise sulla birra rispetto a spagnoli e tedeschi.

Una tassa inefficace: aumenta il prezzo, si riducono i consumi e le entrate dello Stato – È una tassa inefficace, perché quando aumentano le accise aumenta anche il prezzo della birra e questo produce – soprattutto in un momento di crisi – una inevitabile contrazione dei consumi e, di conseguenza, delle entrate per lo Stato. Anche la Ragioneria generale dello Stato ha recentemente confermato in un parere richiesto dalla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati come l’aumento delle accise sia inefficace come copertura finanziaria e abbia effetti regressivi, invitando il Parlamento ad agire sul versante della spesa pubblica e non delle entrate. Peraltro, dopo un 2012 difficile per i consumi di birra, chiuso con un sostanziale pareggio rispetto all’anno precedente, già nei primi 7 mesi del 2013 le vendite interne delle aziende associate sono già scese del -2,8% con un conseguente calo degli incassi da accisa. Da stime AssoBirra, l’aumento dell’accisa porterà anche ad un calo ulteriore dei consumi di birra valutabile in circa -5/6%.

Un danno per tutti: per chi beve birra, per chi la produce, per chi lavora nell’indotto – Ma soprattutto, aumentare le accise sulla birra è dannoso per tutti, non solo per gli oltre 35 milioni di italiani che la bevono, ma anche per le oltre 500 aziende del settore insieme ai 150mila addetti che più o meno direttamente vi lavorano, così come i 300 imprenditori, soprattutto giovani, che negli ultimi 5 anni hanno aperto micro birrifici, gli agricoltori italiani da cui le aziende si approvvigionano per le materie prime e i gestori degli esercizi pubblici (oltre 200mila imprese tra bar, pub, ristoranti e alberghi dove la birra è protagonista e rappresenta una importante voce di fatturato e introiti).

La birra, un settore italiano che non rinuncia ad investire – Quando parliamo di birra parliamo di un settore italiano, perché il 70% della birra consumata nel nostro Paese è prodotta in Italia. Parliamo di un prodotto che crea occupazione e che è ormai a tutti gli effetti un esempio di Made in Italy alimentare di successo apprezzato in tutto il mondo (l’export ha ormai superato i 2milioni di ettolitri, crescendo del 100% in 5 anni). La birra non delocalizza, perché trattandosi di un prodotto a bassa marginalità diventa più conveniente se prodotto in loco (sempre che il trattamento fiscale non diventi economicamente insostenibile). Aiuta l’agricoltura italiana, perché utilizza prevalentemente materie prime nazionali (sono oltre 649mila quintali di malto d’orzo prodotte nel 2012) e contribuisce allo sviluppo di settori in difficoltà come la ristorazione e i pubblici esercizi. “In tutti questi anni il settore birrario ha lavorato su diversi fronti, sia per migliorare le performance di sostenibilità ambientale, sia per diffondere, soprattutto tra i giovani, una cultura del consumo responsabile”, spiega Frausin. “In 10 anni abbiamo ridotto il consumo di energia di 660mila MJ (pari al consumo energetico annuo della città di Parma), di acqua per 9 miliardi di litri (pari al fabbisogno idrico della Valle D’Aosta) e le emissioni di CO2 per 62mila tonnellate (pari alla quantità assorbita da un bosco di 600 ettari). Negli anni abbiamo anche promosso un consumo della birra moderato e a pasto, da 6 anni promuoviamo e finanziamo campagne informative per un consumo responsabile delle bevande alcoliche, dicendo “no all’alcol” nelle situazioni a rischio, come prima di mettersi alla guida, durante la gravidanza, per i minorenni”.

Accisa più alta, “pizza e birra” più cara per tutti – Conclude Frausin: “La birra è una bevanda naturale (quattro semplici ingredienti: acqua, cereali, lievito e luppolo), moderatamente alcolica (4-6 gradi le birre più comuni), poco calorica (un bicchiere da 20cl di birra chiara conta 68 calorie, come il succo d’arancia), accessibile a tutti (il prezzo medio al supermercato di una bottiglia da 66cl è 1 euro). È una bevanda mediterranea, che da millenni fa parte delle abitudini di consumo in tutto il mondo. Aumentare le accise significherebbe colpire uno degli ultimi piaceri – la serata in pizzeria e l’accoppiata birra e pizza – che è rimasto a tante famiglie. Per questo chiediamo agli italiani di sottoscrivere la nostra petizione, per “difendere” quel sorso di birra in più che fa la differenza”:

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