Anabic

Fondata nel 1961 e giuridicamente riconosciuta nel 1966, l’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne (ANABIC) nasce con l’obbiettivo di promuovere e attuare tutte le iniziative finalizzate al miglioramento, alla valorizzazione e alla diffusione delle razze bovine autoctone italiane: Marchigiana, Chianina, Romagnola, Maremmana e Podolica.  Gli strumenti principali su cui si basa la selezione sono: il Libro Genealogico Nazionale, le Valutazioni Morfologiche e le Valutazioni Genetiche. Queste ultime per la linea maschile sono incentrate sulle prove di performance svolte presso i Centri Genetici di Perugia (Marchigiana, Chianina e Romagnola), Alberese – GR (Maremmana) e Laurenzana – PZ (Podolica).

Le razze bovine italiane da carne – Discendenti da un medesimo ceppo originario, i bovini italiani da carne Chianina, Marchigiana, Romagnola, Maremmana e Podolica sono diffusi su tutto il territorio italiano, con prevalenza nelle regioni centro meridionali. Presentano cute di colore “nero ardesia” e mantello bianco o bianco-grigio, a seconda delle razze. Queste due caratteristiche favoriscono una grande resistenza alle radiazioni solari, in particolare a quelle ultraviolette. Le loro ottime caratteristiche produttive e riproduttive, l’eccellente qualità delle carni le hanno rese famose in tutto il mondo, dove sono allevate con successo sia in purezza che in incrocio. Sono allevate per lo più in aziende di piccole o medie dimensioni, situate per la maggior parte in zone collinari-montane, che seguono la linea vacca-vitello.  Le 5 razze vengono comunemente distinte in due gruppi. Il primo è costituito dalle razze specializzate: Chianina, Marchigiana, Romagnola; il secondo dalle razze rustiche: Maremmana e Podolica.

Le razze specializzate – Utilizzate in passato per il lavoro dei campi, Marchigiana, Chianina e Romagnola sono ormai da molti anni selezionate per la produzione di carne. Questa specializzazione appare evidente se si osserva la loro conformazione somatica. La muscolosità è molto sviluppata in ogni regione del corpo e particolarmente nella parte posteriore, ricca di tagli pregiati. Il tronco è cilindrico, ben sviluppato in larghezza, lunghezza e profondità. La struttura scheletrica è solida e leggera, la giogaia ridotta, la pelle fine; tutto ciò si traduce in elevatissime rese in carne. L’ottima conformazione si accompagna ad altre preziose caratteristiche quali la facilità di parto, la vitalità dei vitelli, la buona attitudine materna, la precocità.

Le razze rustiche – La Maremmana e la Podolica sono razze allevate con sistemi di allevamento completamente brado, vivono all’aperto tutto l’anno in zone marginali dove sono autosufficienti nella ricerca del cibo e partoriscono senza l’aiuto dell’uomo. Per “razza rustica” si intende infatti una razza che ha sviluppato nei secoli una grande capacità di adattamento ad ambienti poveri, e che in tali condizioni riesce a riprodursi e a produrre in modo soddisfacente. Essa è quindi dotata di particolare frugalità, resistenza costituzionale, capacità di vita in ambienti difficili caratterizzati da scarse risorse foraggere. In presenza di condizioni ambientali più favorevoli, però, la Maremmana e la Podolica dimostrano sorprendenti capacità di accrescimento, non molto dissimili da quelle delle razze specializzate.

Diffusione – Sono allevate su gran parte del territorio italiano, dal Trentino alla Calabria, prevalentemente nelle aree Appenniniche. Capillarmente diffuse sino ai primi anni cinquanta (oltre un milione di fattrici), dato il loro utilizzo nei campi, con l’avvento della meccanizzazione agricola e l’abbandono delle campagne negli anni cinquanta-settanta hanno subito una fortissima contrazione. Essa è continuata anche nei decenni successivi in modo meno accentuato, sino al 1999 per l’abbandono dell’attività di allevamento da parte delle aziende più piccole. Dal 2000 vi è stata una forte “riscoperta” di queste razze e delle loro carni, grazie anche all’IGP “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”, e le consistenze hanno ripreso ad aumentare con un ritmo significativo, passando da circa 106.000 capi in selezione a quasi 147.769 con un aumento di un terzo in soli cinque anni, recuperando tutte le perdite registrate negli anni ‘90. (Tabella 1) Questa crescita è dovuta all’aumento del prezzo della carne e conseguentemente all’espansione della dimensione di molti allevamenti, oltre che all’inserimento di nuove aziende che hanno riconvertito precedenti attività produttive verso queste razze.
Nel 2008, infatti, riscontriamo un notevole incremento del numero di capi per la razza Marchigiana in Abruzzo (11.624), in Campania (9.580) e nelle Marche (25.213). Negli ultimi anni si ha avuto la grande riscoperta di questa razza in purezza nel Lazio dove si contano ad oggi 3.234 capi e in Sicilia con ben 499 capi dislocati in 14 allevamenti. La Chianina continua a confermarsi nelle sue zone di origine: Toscana (21.880 capi), Umbria (14.705) e l’alto Lazio (5.276). Negli ultimi anni ha preso largo piede anche in Abruzzo, con 9 allevamenti e 213 capi e in Veneto con 6 allevamenti e 202 capi. Da sottolineare anche il primo allevamento in Trentino con ben 44 capi. La Romagnola, invece, conferma le consistenze dello scorso anno attestandosi razza leader in Emilia Romagna con 16.494 capi. Le razze rustiche confermano la lieve ma costante espansione, in particolare la Podolica con 13.120 capi in Basilicata, 6.528 in Calabria, 2.396 in Campania e 2035 in Puglia, mentre la Maremmana si conferma nel Lazio (7.788) e nella Toscana con 1.890 capi.

Lo schema di selezione – Esprime, in sintesi, l’insieme delle attività svolte sul bestiame iscritto al Libro Genealogico al fine di perseguire gli obbiettivi di selezione individuati. In particolare per queste razze le finalità selettive sono le seguenti: ottenere un ulteriore miglioramento degli accrescimenti giornalieri e della muscolosità in animali ben sviluppati somaticamente, con scheletro leggero e morfologicamente corretti. Fulcro del sistema è il Centro Genetico, situato a San Martino in Colle (Perugia), dove si effettua, attraverso la Prova di performance, la valutazione genetica dei riproduttori maschi e la scelta dei migliori tori da destinare alla fecondazione artificiale. La scelta di privilegiare la linea maschile nasce dal fatto che i riproduttori maschi sono in grado di avere, attraverso le tecniche di fecondazione artificiale, un gran numero di figli durante la loro vita; hanno quindi maggior peso delle femmine sul miglioramento della popolazione. Le fattrici vengono valutate in base alla genealogia, alla morfologia, alla capacità materna e all’efficienza riproduttiva. Accoppiamenti programmati tra i migliori tori e le migliori vacche permettono di ottenere in una generazione successiva i maschi che avranno la precedenza per l’ammissione al Centro Genetico. L’ingresso dei vitelli al Centro avviene, con cadenza mensile, a cinque mesi di età. L’ammissione degli animali avviene dopo aver controllato tutti i soggetti coetanei disponibili nella popolazione, valutando attentamente il potenziale genetico e quello dei loro genitori. Ogni mese entrano 15 soggetti, 5 per ogni razza, sottoposti a rigorosi controlli sanitari: devono essere indenni da Tubercolosi, Leucosi, Brucellosi, IBR-IBV, Blue Tongue. Segue una fase di adattamento o quarantena al termine della quale inizia la prova che dura 24 settimane; in questo periodo gli animali sono sottoposti a 9 pesate doppie (in due giorni consecutivi) ogni 21 giorni e vengono effettuati ad inizio e fine prova 13 rilievi zoometrici: altezza al garrese, lunghezza del tronco, altezza del torace, larghezza del torace, larghezza delle spalle, lunghezza della groppa, larghezza ilei, larghezza trocanteri, larghezza ischi, larghezza lombi, larghezza dorso, altezza croce, lunghezza e larghezza testa, lunghezza lombi, circonferenza torace, perimetro stinco e lo spessore della pelle. La stima dello sviluppo delle masse muscolari viene effettuato su otto regioni da parte di tre esperti che valutano in modo indipendente tra loro. Tutti i dati raccolti durante la prova di performance vengono quindi elaborati e sintetizzati in un Indice di Selezione Toro che esprime la velocità di accrescimento, la muscolosità e la resa in carne del soggetto, tenendo conto non solo delle sue performance, ma anche di quelle di tutti i suoi parenti testati. Attraverso l’indice viene stilata una classifica dei tori, i migliori tra i quali verranno destinati alla riproduzione in fecondazione artificiale.
Tutte le informazioni rilevate durante la Prova di performance vengono elaborate per stimare il valore genetico dei riproduttori, individuando i migliori soggetti in base agli obbiettivi di selezione definiti. In particolare viene calcolato: l’Indice di Selezione Toro (IST) basato sui caratteri di accrescimento e muscolosità con un peso pari al 50% per ciascuno dei due indici parziali; l’Indice di Morfologia (I.M.) prenede in considerazione parte dalle informazioni raccolte dagli esperti di razza e riportate sulla scheda lineare, valutando la muscolosità, le dimensioni, la finezza e gli arti; l’Indice di Selezione Vacca (ISV) strumento fondamentale per la scelta delle madri di toro; è un indice genetico composto dall’indice selezione toro (IST) e dall’indice di morfologia (IM), con un peso pari al 50% per ciascuno dei due indici parziali.
Lo schema di selezione illustrato ha consentito in questi anni di perseguire con efficacia gli obbiettivi di miglioramento del bestiame. Gli accrescimenti in performance per la Marchigiana sono passati da 1,391 kg nel 1990 a 1,527 kg nel 2007; mentre l’indice di muscolosità è passato da 94,5 a 112,4. Nella Chianina l’Accrescimento medio giornaliero è oggi di 1,731 kg contro 1,497 kg del 1990, mentre l’indice di muscolosità è passato da 99,6 a 116,7. La Romagnola invece è passata da 1,332 kg di AMG del 1990 a 1,545 kg nel 2007 con l’indice di muscolosità che è passato da 95,7 a 110,8.

Qualità delle carni italiane – Le caratteristiche qualitative della carne sono peculiari e legate in parte al corredo genetico (elevata capacità di accrescimento e bassa deposizione di grasso sino a 16-20 mesi), in parte all’alimentazione tradizionale che viene usata nella quasi totalità dei casi anche nel finissaggio degli animali. L’alta qualità delle carni prodotte dalle razze autoctone è il risultato di tre fattori congiunti: genetica, alimentazione e tecniche di allevamento. Il miglioramento genetico ha potenziato in questi anni l’attitudine alla produzione di carne, migliorando precocità, capacità di accrescimento e sviluppo muscolare di questi bovini che, per natura, producono carne magra e a basso contenuto di colesterolo. Il sistema di allevamento contribuisce a sua volta alle caratteristiche di genuinità e salubrità del prodotto. Si tratta infatti di piccoli allevamenti a ciclo chiuso, che allevano secondo la linea vacca-vitello portando al peso di macellazione un limitato numero di animali nati in azienda. L’alimentazione è basata sull’impiego dei migliori mangimi e foraggi, tradizionalmente prodotti sui terreni aziendali, mentre nella stagione favorevole è diffuso il pascolo. Tali condizioni di allevamento assicurano il rispetto ed il benessere del bestiame allevato e la più completa armonia con l’ambiente circostante. Le carni delle 3 razze specializzate sono forgiate dal marchio “IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” e hanno un contenuto in proteine maggiore del 20% sul tal quale, un contenuto in colesterolo pari a 500 ppm, e un rapporto acidi grassi insaturi e saturi maggiore di 1, rispetto alla carne ottenuta dalle altre razze. Nel 1982 nasce il C.C.B.I. Consorzio Produttori Carne Bovina Italiana con lo scopo di tutelare la produzione e promuovere la commercializzazione delle carni derivate dalle 5 razze. Nel 1993 promuove e presenta al Ministero la richiesta di riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”. Esso viene riconosciuto dalla Commissione Europea nel 1998 ed è il primo marchio di qualità riconosciuto dalla CEE per la carne bovina fresca prodotta in Italia.
Il Consorzio detiene un proprio Disciplinare di Etichettatura, approvato nel 1999 dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con il quale tutela la produzione degli allevatori delle razze bovine italiane da carne. Nel 2003 nasce il Consorzio di Tutela del “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”; riconosciuto dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali nel 29 Marzo 2004. Gli scopi principali del Consorzio di Tutela sono la tutela del marchio IGP ”Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”, la promozione e la valorizzazione del prodotto, l’attività di informazione al consumatore e la cura generale degli interressi relativi alla produzione IGP. In particolare l’attività si svolge attraverso lo sviluppo dell’attività consultiva per l’applicazione del disciplinare di produzione e la definizione di programmi recanti misure di carattere strutturale e di adeguamento del disciplinare insieme alle proposte di modifica del disciplinare stesso. L’attività principale risulta comunque essere quella relativa alla vigilanza, alla tutela e alla salvaguardia dell’IGP da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni ed uso improprio del marchio. Il marchio IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale si è conquistato in pochi anni il ruolo di strumento principale per consentire non solo la valorizzazione, ma anche il mantenimento e lo sviluppo dell’allevamento delle razze bovine italiane da carne

 

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