Xylella, il rifiuto della scienza porta a danni enormi per la collettività. La storia delle malattie in agricoltura ce lo insegna

di Luigi Mariani  – Agrarian Sciences
Il caso xylella – ben inquadrato dall’EFSA (2015) che la indicò come malattia da quarantena la cui diffusione doveva essere contenuta da un lato distruggendo gli olivi infetti e dall’altro colpendo il vettore, la cicalina Philaenus spumarius, tramite insetticidi¹  si presta ad alcune considerazioni di carattere più generale che lo rendono paradigmatico di come il rifiuto della scienza possa tradursi in danni enormi per l’intera collettività.
La storia insegna che l’agricoltura si confronta da millenni con l’arrivo di nuove malattie delle piante coltivate e lo fa utilizzando come arma essenziale l’innovazione tecnologica. Emblematico in tal senso è il caso ottocentesco della viticoltura europea: nel trentennio 1850-1879 a causa dei sempre più intensi commerci in atto fra le due sponde dell’Atlantico giunsero in Europa dall’America del Nord tre malattie mortali per la vite e cioè l’oidio (1850), la fillossera (1875) e la peronospora (1879). A salvarci fu la tecnologia (zolfo per l’oidio, solfato di rame per la peronospora, e portinnesti americani per la fillossera). In sintesi due rimedi chimici e uno “genetico”, senza i quali la viticoltura europea oggi non esisterebbe più. Come si vede non fu il ritorno alla tradizione a salvare la viticoltura ma viceversa il ricorso alle più avanzate tecnologie rese disponibili dalla ricerca scientifica di quei tempi e che furono applicate in modo sistematico e con grandissima rapidità. A quest’ultimo riguardo è utile richiamare l’esempio offerto da Camillo Benso conte di Cavour: l’oidio giunse in Italia nel 1850 e nel 1851 Cavour, Ministro dell’agricoltura del Piemonte, conscio dei gravissimi danni che la malattia stava provocando, incaricò la Reale Accademia di Agricoltura di Torino di studiare la malattia (localmente nota come marin) e trovare un rimedio. Lo studio dell’Accademia, presentato in un’adunanza straordinaria del 10 settembre 1851, individuò lo zolfo come rimedio e tale rimedio fu adottato con grande tempestività risultando vincente. Giusto l’opposto di quanto si è verificato per la xylella, ove i rimedi indicati in modo assai tempestivo da EFSA sono stati del tutto disattesi favorendo così la diffusione della malattia.
A una riflessione sul piano storico si presta anche la caccia all’untore scatenata contro presunti soggetti che avrebbero diffuso la malattia per scopi loschi. Da questo punto di vista la vicenda ci rimanda a mio avviso alla caccia all’untore scatenatasi a Milano nel corso dell’epidemia di peste del 1630 e immortalata da Alessandro Manzoni nel suo saggio storico Storia della colonna infame. Il titolo di tale saggio richiama il monumento eretto a memoria del processo, la condanna a morte e l’esecuzione di Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza, ingiustamente accusati da una donna di aver diffuso la peste “ungendo” le porte delle case e, che sottoposti a tortura, confessarono un crimine mai compiuto. Anche qui il paragone con quanto avvenuto in Puglia appare calzante per il fatto che anche nel caso della xylella i pareri dei tribunali e dell’opinione pubblica si sono sostituiti alle conclusioni della scienza, con i risultati in termini di diffusione della malattia che sono sotto gli occhi di tutti. Peraltro viene da pensare che se un tale esempio venisse applicato anche alle epidemie da quarantena che interessano la comunità umana i risultati sarebbero devastanti, e qui la vicenda No vax è un segnale che non induce certo all’ottimismo.
Interessante è anche il caso recente della papaya e della epidemia di PRSV che ha minacciato di annientare la produzione in vaste aree di Asia e Pacifico, segnalatomi da Andrea Sonnino e che pone in evidenza l’utilità delle pratiche di quarantena adottate. Alle Hawaii il problema è stato risolto reimpiantando le piantagioni con papaya GM resistente al virus. Le Hawaii continuano a produrre e ad esportare papaya in molti paesi, anche se hanno perso il mercato giapponese. La Malesia ha invece reagito isolando la zona infetta al sud della penisola ed estirpando tutte le piante. Sono personalmente testimone di come il servizio fitosanitario ispezionasse tutti gli agricoltori e multasse tutti coloro che non avevano ottemperato all’obbligo di estirpazione. L’epidemia non ha mai raggiunto le altre aree di produzione di papaya. Mi preme altresì segnalare il parallelo sviluppato dall’amico Roberto Defez con un caso complesso come quello della grande carestia d’Irlanda del 1845-1850. Pur trattandosi di casi assolutamente non paragonabili per gli effetti in termini di morti e emigrati, anche in Puglia come già in Irlanda ci si trova di fronte a un disastro per il quale le concause che hanno agito sono molteplici. Nel caso pugliese hanno infatti agito fattori quali la devozione alla Dea Natura, le beghe politico-giudiziarie fra i procuratori, i pubblici ministeri e il potere regionale, l’intervento di comici e cantanti presuntuosi, il posizionamento del M5S e del Fatto quotidiano, i litigi interni alla stessa comunità scientifica e la posizione assunta dal ministero dell’agricoltura e del suo ministro. Una riflessione nostra andrebbe avviata per discutere su come agire nel caso Xylella cambiasse specificità d’ospite, come il gruppo dei Lincei segnala da tre anni.
Insomma la vicenda della xylella è per molti versi paradigmatica e rimanda ad alcune considerazioni più generali che si riassumono nel fatto che il sonno della ragione, che qui si è tradotto nel rifiuto della scienza come metodo generale per indagare la realtà e affrontare i problemi, genera mostri contro cui oggi è più che mai difficile combattere. Per questo è importante riflettere su questa vicenda e riteniamo molto utile la petizione lanciata da Enrico Bucci nell’ambito di SETA e sostanziatasi nel documento consultabile al sito Cattivi Scienziati e sottoscrivibile tramite l’apposito modulo.


Bibiliografia EFSA, 2015. Scientific Opinion on the risks to plant health posed by Xylella fastidiosa in the EU territory, with the identification and evaluation of risk reduction options, EFSA Journal, Volume13, Issue1, January 2015, https://doi.org/10.2903/j.efsa.2015.3989

¹As the host range of X. fastidiosa is very wide, and as potential insect vectors are quite numerous and widely present within the EU, eradication of the disease requires drastic measures to be applied as soon as possible to the infected crop, to wild, unmanaged and ornamental plants that may host the bacterium, and to the insect vectors in the infected plots and in their vicinity. The history of the disease in new areas shows that, once largely established, it cannot be eradicated (EFSA, 2015 – pag. 93).
Luigi Mariani

Luigi Mariani Docente di Storia dell’ Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura di Sant’Angelo Lodigiano. E’ stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.

Informazione pubblicitaria