Piante resistenti ai cambiamenti climatici grazie alla genomica. Cattivelli (Crea): non c’è agricoltura senza genetica

Wheat Field

VERONA – “Il know how genomico è un asset strategico dell’agricoltura, perché può esistere
l’agricoltura senza chimica, ma non c’è agricoltura senza genetica e la sfida più pressante oggi è quella del cambiamento climatico: dovremo pensare piante adatte al clima di domani”.

Così Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca Genomica e Bioinformatica del Crea, ha inquadrato il ruolo futuro della scienza in agricoltura, intervenendo al Summit internazionale per celebrare i primi 60 anni della Politica agricola comune, eventi inaugurale della 115ª Fieragricola, rassegna internazionale di agricoltura in programma fino a sabato 5 marzo a Veronafiere con oltre 520 espositori da 11 Paesi e delegazioni
internazionali da 29 Paesi.

“Se oggi è più caldo di ieri e domani sarà più caldo di oggi, dovremo prevedere il cambiamento climatico tramite sistemi di simulazione in grado di prevedere la crescita della pianta interpretando il clima e studiando i geni che serviranno alla pianta fra 20 anni. Passiamo così da una selezione di tipo empirico a una selezione genomica realizzata quasi a tavolino, basata sulla conoscenza”.

Il direttore del Centro di ricerca Genomica e Bioinformatica del Crea, Luigi Cattivelli, ha messo in guardia dalle conseguenze del climate change, perché “non dobbiamo pensare solamente all’uragano a New York, l’impatto investe anche l’agricoltura e non solo con la siccità, l’eccessiva piovosità o l’aumento delle temperature invernali. Il nuovo clima significa nuove razze di patogeni e nuove malattie. Il brusone del riso ha fatto un salto
di specie verso i cereali dieci anni fa in Bangladesh, attaccando una pianta che non era preparata al nuovo patogeno”.

Per essere efficace, non basta la scienza.

“Il Crea è già pronto per sperimentare in campo molte delle varietà ottenute con genome editing, ma la legislazione attuale ce lo impedisce, perché è ferma a livello nazionale al
2003, mentre la normativa europea in materia risale addirittura al 2001. Dobbiamo colmare un gap normativo, altrimenti i ricercatori non riusciranno a fornire varietà resistenti ai cambiamenti climatici e ai patogeni”.

La sostenibilità e la resilienza verso i cambiamenti climatici saranno sempre di più le variabili che l’agricoltura del futuro dovrà tenere presente. È emerso chiaramente nella sessione del Summit internazionale di Fieragricola di Veronafiere dedicato ai primi 60 anni della Pac, durante la quale si sono confrontati, con la regia del direttore generale del Crea Stefano Vaccari, Pietro Pagliuca (direttore Strategie agroindustriali di Abaco
Group), Philippe Lejeune (Chief commercial officier di Irritec), Alessandro Reboldi (Technical director di REM Tec), Thomas Ambrosi (Ceo and founder di ONO Exponential Farming), Diana Lenzi (presidente del Ceja, il Consiglio europeo dei giovani agricoltori)

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