Guerra in Ucraina: quali sono le conseguenze per l’agroalimentare italiano?

ROMA – Prezzi delle materie prime alle stelle e possibili ripercussioni anche per l’export del made in Italy agroalimentare.  

L’Ismea in un dossier appena pubblicato ha provato a fare il punto sulle possibili conseguenze derivanti dallo scoppio del conflitto in Ucraina, a cominciare dalle tensioni sui listini dei cereali arrivati in questi giorni a livelli mai toccati prima.

Lo scoppio del conflitto, ha sottolineato l’Istituto, si è innanzitutto inserito in un contesto di forti rincari dei prezzi di tutte le commodities e dell’energia in atto da alcuni mesi a causa di un insieme di fattori di tipo congiunturale, geopolitico e speculativo. L’Italia chiaramente è molto esposta alle turbolenze sui mercati internazionali in ragione dell’alto grado di dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti di materie prime.

In base all’analisi, il frumento tenero, il frumento duro e il mais hanno raggiunto in Italia e all’estero quotazioni mai viste, neanche durante la precedente crisi dei prezzi del 2007-2008, quella delle rivolte in piazza nella primavera araba. Non tutto è però riconducibile direttamente alla guerra e soprattutto le dinamiche alla base della fiammata variano da prodotto a prodotto.

Il grano duro ha raggiunto in Italia il suo prezzo massimo a dicembre 2021, e in questo caso a pesare sull’instabilità dei mercati è stato soprattutto il vuoto d’offerta che si è creato dopo il crollo dei raccolti in Canada (-60%), principale esportatore mondiale e il calo di altri importanti Paesi produttori. Nelle forniture globali di grano duro, il ruolo dei Paesi direttamente coinvolti dal conflitto oppure rientranti geograficamente o politicamente nell’orbita russa è praticamente inesistente, essendo la produzione concentrata soprattutto in Europa, Canada, Usa, Turchia e Algeria.

Diverso è il caso del frumento tenero, dove la quota russa e ucraina sulla produzione mondiale arriva al 14% (16% se consideriamo anche il Kazakistan), e la situazione di instabilità si sta riverberando in maniera decisa sulle principali piazze di scambio internazionali e sui mercati dei futures. Tuttavia, il peso dell’export di frumento tenero russo e ucraino incide sulle importazioni italiane del prodotto solo per il 6% in volume nel 2020.

Per il mais la corsa ai rialzi è stata innescata mesi fa dalla vorticosa crescita della domanda cinese, legata al riavvio della produzione suinicola dopo l’epidemia di peste suina, ma gli ulteriori rincari sono il diretto riflesso del clima di incertezza di questi giorni.

Come ha chiarito il Presidente dell’Ismea Angelo Frascarelli, intervenuto a Fieragricola, il mais è passato da 170 a 287 €/tonnellata, il grano duro da 280 a 522 €/ton, il grano tenero da 186 a 307 €/ton, ma i rincari hanno riguardato anche l’orzo (da 159 a 295 €/ton) e i semi oleosi (soia da 357 a 627 €/ton, farina di soia da 320 a 549 €/ton, farina di girasole da 161 a 281 €/ton), mettendo sotto pressione le catene di approvvigionamento a livello mondiale. Purtroppo la previsione è che per buona parte del 2022 i listini si mantengano su livelli alti, andando a sommarsi alle forti tensioni sui prezzi del gas, del petrolio e dell’energia.

L’altra faccia del problema è rappresentata poi dalle esportazioni che vedono l’Italia tra i principali fornitori di Mosca di prodotti agroalimentari, addirittura al primo posto per gli invii di vini e di spumanti, prodotti fino a questo momento risparmiati dalle restrizioni commerciali varate da Mosca nel 2014.

Relativamente agli scambi agroalimentari con la Russia, l’Italia è infatti il settimo fornitore di Mosca, mentre il nostro ruolo tra i paesi acquirenti è del tutto trascurabile (33ma posizione). I prodotti nazionali maggiormente  esportati sono vini e spumanti, caffè, pasta.

In relazione all’interscambio tra l’Italia – Ucraina il nostro Paese è il secondo fornitore di prodotti agroalimentari di Kiev e al decimo posto tra i paesi clienti. Esportiamo soprattutto prodotti ad alto valore aggiunto come vino, caffè, pasta anche se la voce più rilevante è il tabacco da masticare o da fiuto. Il nostro Paese acquista dall’Ucraina soprattutto oli grezzi di girasole, mais (il 13% in volume delle forniture provenienti dall’estero nel 2020) e frumento tenero (5%).

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