In questi anni, con il dimetoato, abbiamo eliminato più mosche dell’olivo o più nemici naturali della mosca?

di Silverio Pachioli – Accademia dei Georgofili

FIRENZE – Il dimetoato (O,O‐dimethyl S‐methylcarbamoylmethyl phosphorodithioate) è, o dovrebbe essere, un “vecchio ricordo” della fitoiatria, in particolare di quella legata alla difesa antidacica in olivicoltura.

La sostanza attiva, della famiglia degli organofosforati, è stata brevettata e introdotta negli anni ’50 da American Cyanamid.

I suoi punti di “forza” erano sicuramente il basso costo, l’elevata efficacia agronomica, la notevole capacità citotropica, l’alta idrosolubilità (solubilità in acqua 25,9 g/l a 20°C). Tutto questo ha sicuramente aiutato nella difesa alla mosca delle olive, ma ha rallentato per quasi un secolo la ricerca su sostanze alternative e meno pericolose del dimetoato.
La tanto “decantata” idrosolubilità (mai totale!!) della sostanza attiva o del suo metabolita principale- ometoato- (sono conosciuti almeno 12 metaboliti nella pianta e nell’acqua/suolo), sicuramente importante per la residualità nelle materie oleose, ha forse posto in secondo piano la possibile contaminazione di altri comparti ambientali fondamentali quali il terreno, l’acqua, l’aria, ecc.

Il dimetoato ha bassa persistenza nell’ambiente. Sono state riportate emivite nel suolo comprese tra 4 e 16 giorni, o fino a 122 giorni, ma un valore rappresentativo può essere dell’ordine di 20 giorni. È altamente solubile in acqua e viene adsorbito solo debolmente dalle particelle del terreno, quindi può essere soggetto a notevole lisciviazione; tuttavia viene degradato per via idrolitica, specialmente nei terreni alcalini, ed evapora dalle superfici asciutte del suolo.

Sono state riportate perdite dovute all’evaporazione dal 23 al 40% del dimetoato applicato. La biodegradazione può essere significativa (Wauchope, R. D., Buttler, T. M., Hornsby A. G., Augustijn-Beckers, P. W. M. and Burt, J. P. SCS/ARS/CES Pesticide properties database for environmental decisionmaking. Rev. Environ. Contam. Toxicol. 123: 1-157, 1992.5-2012,19).

Secondo il THE PPDB-Pesticide Properties Database– il dimetoato è un “potenziale contaminante delle acque sotterranee e un inquinante marino grave” (Lewis, K.A., Tzilivakis, J., Warner, D. and Green, A. (2016) An international database for pesticide risk assessments and management. Human and Ecological Risk Assessment: An International Journal).

Il “Manual de Plaguicidas de CentroAmerica” (ed. 2022) riporta: “Il dimetoato è altamente solubile in acqua ed è adsorbito delicatamente dalle particelle di terreno; ha un elevato potenziale di lisciviazione. La sua emivita può variare da 18 a 8 settimane e non dovrebbe persistere nell’acqua, sebbene sia relativamente stabile a pH compreso tra 2 e 7. È tra i 10 insetticidi problematici che superano lo standard per l’acqua potabile nei Paesi Bassi (2003).

Dal punto di vista tossicologico sicuramente i residui nell’acqua sono “compatibili” con la salute umana, ma è bene considerare il concetto, troppo spesso ignorato, che se una sostanza attiva non si trova direttamente come residuo nell’alimento, non è detto che non possa arrivare lo stesso all’uomo per altre vie di contaminazione.

Se esaminiamo l’ecotossicologia del dimetoato è necessario ricordare che la mosca dell’olivo ha tanti nemici: Eupelmus urozonus Dalm., Pnigalio agraules (Walk.), Cyrtoptyx latipes Rond., Eurytoma martelli Dom., Dinarmus virescens (Masi), Psyittalya concolor (Sz.), Formicidi, Carabidi, ecc.

È pur vero che molti di questi insetti hanno problemi di acclimatazione in diversi areali italiani, ma il nostro insetticida non è stato, nei loro confronti, sicuramente “rispettoso” e, come risultato finale, abbiamo ottenuto un agroecosistema oliveto estremamente semplificato dal punto di vista della complessità biologica.

I DataBase più affermati sulla selettività della sostanza attiva nei confronti degli insetti utili evidenziano, in generale, una tossicità “alta” o “molto alta”.

Diversi autori hanno classificato il dimetoato tra gli insetticidi più tossici per molte specie di Coccinellidi, Apidi, Bombidi, Crisopidi, Triflodromi, ecc. (Bartlett, 1963 ; Kehat & Swirski, 1964 ; Atallah & Newson, 1966 ; Gargav, 1968 ; Bellows & Morse, 1993).
Lavori realizzati sui parassitoidi specifici della mosca hanno dimostrato, per esempio, una letalità del 100% (contatto) e 80% (ingestione) per Psyittalya concolor (Ecotoxicologyof pesticideson natural enemies of olive groves. Paloma Bengochea Budia. Universidad Politecnica de Madrid, 2012).

La lista potrebbe allungarsi ma il concetto rimane sempre lo stesso: “la semplificazione degli agroecosistemi crea sempre più problemi nella difesa dagli insetti”.
Concludendo, e riprendendo il discorso di apertura sui pochi lavori scientifici prodotti in questi anni per “sostituire” il dimetoato, viene spontaneo chiedersi se, effettivamente, non c’è interesse per la difesa dalla mosca o interessa poco l’olivo e il suo olio.

Forse aveva ragione il Prof. Giuseppe Cuboni quando affermava: “I botanici e i chimici sembrano quasi ignorare l’esistenza di questa pianta, che pure è la coltura principale della regione mediterranea. Paragonate infatti il numero veramente stragrande di studi, di ricerche, di esperienze sui cereali, sugli alberi da frutto, sulla vite, sulle barbabietole e perfino sulle umili patate, colle ricerche pubblicate finora sull’olivo, e troverete delle cifre impressionanti. Per mille pubblicazioni relative alle piante sovraccennate, forse appena una se ne trova che si riferisca all’olivo”.

 

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