La sovranità alimentare la fanno i lavoratori. Parla Onofrio Rota, Fai-Cisl

ROMA – “Non possiamo avvalerci esclusivamente dei nostri prodotti, anche perché abbiamo un’industria di trasformazione alimentare molto sviluppata, che dimostra di saper stare sui mercati globali. La sovranità alimentare non è questo, e non dovrebbe neanche essere confusa con il sovranismo, va intesa come maggior tutela del lavoro italiano e delle nostre produzioni da speculazioni e meccanismi distorsivi. Penso ad esempio all’etichetta europea Nutriscore, che è dannosa per il made in Italy e disorienta i consumatori. Poi sovranità vuol dire anche puntare su produzioni agroalimentari sempre più sostenibili, che è un nostro valore aggiunto, ma vuol dire anche rafforzare le catene del valore, attraverso maggiori riconoscimenti ai lavoratori: la vera sovranità la fanno i lavoratori, nel senso che si ottiene investendo sul lavoro di qualità e la buona contrattazione”.

Lo afferma il Segretario Generale della Fai-Cisl Onofrio Rota in un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano online Il Diario del Lavoro.

“C’è tutto un dibattito sull’origine di questo concetto, ma trovo riduttivo cercare di attribuirlo alla destra o alla sinistra”, aggiunge Rota, che ricorda nell’intervista le priorità del sindacato da affrontare con il Governo, in particolare con i neoministri del Lavoro, Marina Elvira Calderone, e dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida: “C’è il tema del turnover generazionale, che richiede anche politiche migratorie strutturali, più avanzate e inclusive di quelle attuali. C’è l’attuazione rapida e completa del Pnrr: la siccità di questa estate non solo ha riproposto con forza il tema della fragilità delle nostre produzioni davanti ai cambiamenti climatici, ma ha ripresentato anche il conto del dissesto idrogeologico, pagato sempre più caro, anche con vite umane, per cui ogni euro del Pnrr dedicato a questi aspetti va investito in modo lungimirante, valorizzando anche i lavoratori della bonifica e della forestazione. Inoltre c’è una sfida formativa da affrontare: i green jobs stanno assumendo una crescente importanza, sia per l’ambiente che per il sistema agroalimentare, ma questi richiedono formazione, nuove competenze e, in prospettiva, una maggiore sinergia con il mondo della scuola e dell’università. Poi c’è la decorrenza della condizionalità sociale della nuova Pac recepita nel piano strategico nazionale agricolo – commenta il sindacalista – senza dimenticare la politica che il nuovo governo intenderà perseguire sul versante della forestazione, comparto che secondo noi deve passare da una semplice forestazione di difesa del suolo a una forestazione produttiva e di presidio umano del territorio”.

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