Riforma Indicazioni Geografiche. Lizzi: Il ‘pasticcio’ socialista (con dentro il PD) rischia di danneggiare un comparto da 75 miliardi di euro

BRUXELLES – Lo stallo nella revisione della disciplina delle Indicazioni Geografiche rischia di penalizzare un comparto da 75 miliardi di euro, di cui una buona fetta è made in Italy.

“Nell’ultimo ‘trilogo’ (negoziato interistituzionale informale che riunisce rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio dell’Unione Europea e della Commissione europea), nonostante la grande disponibilità manifestata dal team negoziale del Parlamento, il Consiglio guidato dai socialisti ci ha messo di fronte un pacchetti di punti inediti e inaspettati che non rispettano il lavoro fatto in ben 15 incontri tecnici svolti finora nell’arco di più di un anno” spiega la deputata Elena Lizzi (Lega-Identità e Democrazia), che fa parte della delegazione dell’europarlamento.

La riforma in discussione intende rafforzare la difesa e valorizzare le denominazioni di alimenti e bevande, vini compresi, che attualmente sono 3.424 dei diversi Paesi membri e altrettante di Paesi terzi protette da accordi commerciali. Secondo uno studio dell’Unione Europea il valore di vendita di un prodotto con un nome protetto è il doppio di quello di prodotti simili senza certificazione. Inoltre, la nuova disciplina intende aumentare la protezione anche dei termini tradizionali, prevenendo casi come quello recente delle denominazioni Prosecco-Prosek.

“Credo sia doveroso fare una riflessione sugli accordi e sulle dinamiche all’interno del gruppo dei socialisti europei, di cui fa parte il Partito Democratico italiano, maggioranza di questo parlamento – continua Lizzi -. La volontà mia e della Lega è quella di raggiungere un accordo in grado di fornire al comparto agricolo italiano ed europeo una riforma che lo renda più competitivo. Siamo rimasti increduli dall’approccio unilaterale della presidenza spagnola del Consiglio. Abbiamo  bisogno di un compromesso che dia garanzie a un settore dall’alto valore aggiunto. Diversamente, la responsabilità sarà da attribuire alla guida socialista e al Partito Democratico in Europa che sembra non interessarsi del mondo agricolo, come già testimoniato dalle tante votazioni a favore del Green Deal e a sfavore dell’Italia”.

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