Venduto per 100% extravergine d’oliva italiano ma era olio lampante: la Cassazione conferma la maxi truffa di azienda toscana con frode in commercio

FIRENZE – Finto olio extravergine d’oliva, ottenuto miscelando olio vergine e olio lampante opportunamente deodorato per eliminare i cattivi odori e finito sugli scaffali della grande distribuzione come olio 100% italiano, anche se le bottiglie contenevano il 30-40% di olio proveniente da Spagna, Grecia e Tunisia.

Un meccanismo che andava avanti dal 2010 da parte di un’azienda leader toscana con le operazioni che erano entrate nel mirino della Guardia di Finanza e dell’ispettorato centrale repressione frodi che, su mandato della Procura di Siena, avevano messo i sigilli a più di 8mila tonnellate di olio, stoccate in cisterne in provincia di Siena, pari a circa l’1% del prodotto nazionale.

Qualche giorno fa la sentenza della Cassazione (Sentenza Numero: 50753, deposito del 20 dicembre 2023), che ha annullato con rinvio la confisca disposta – in base alla legge sulla responsabilità degli enti – sui beni della società, oggi non più Spa ma Srl, solo limitatamente all’ammontare degli importi considerati profitto del reato. La Suprema corte ha invece respinto i motivi di ricorso tesi a contestare la frode commessa nell’interesse della società confermando la frode in commercio.

Le indagini avevano portato al sequestrato di materiale che aveva permesso di scoprire indicazioni dei parametri chimici dell’olio da cui emergevano valori riferiti agli alchil esteri, ai perossidi e all’acidità al di fuori di quelli previsti dalla normativa per classificare un olio come extravergine di oliva.

Per la Cassazione l’inclusione nel prodotto finale di olio lampante poi commercializzato come extravergine basta a far scattare la frode in commercio, per la “vendita di un bene privo della qualità edibile formalmente promessa”. Per i giudici della Suprema Corte non è stata considerata veritiera nemmeno la certificazione che garantiva l’origine al 100% italiana dell’olio “sebbene – spiega la sentenza – composto da masse greche e spagnole”. Per i giudici è, infatti, provata la vendita a terzi di olii di provenienza geografica diversa “rispetto a quella pattuita o comunque rispetto a quella effettiva”.

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