Non tutto il gelo vien per nuocere. Anche in Toscana la spettacolare tecnica ‘antibrina’ che ha rivoluzionato (e salvato) la frutticoltura

MONTEPULCIANO – Si chiama semplicemente “antibrina” ed è una tecnica molto conosciuta in Alto Adige e Trentino dove i frutteti sono sempre a rischio gelate, anche in primavera dopo la fioritura.

ANTIBRINA – In Toscana, in Valdichiana per la precisione, a Sant’Albino, frazione di Montepulciano, ce l’ha portata nel lontano 1992 proprio un produttore di mele di Bolzano, Michael Gschleier, che anziché i vigneti ha importato la tecnica di coltivazione della frutta, mele soprattutto, arrivando oggi a essere una delle aziende biologiche di riferimento per il centro Italia.

In cosa consiste questa tecnica?

Quando ci aspettiamo temperature che scendono sotto lo zero termico accendiamo l’impianto di irrigazione dall’alto bagnando continuamente le foglie e i fiori. L’effetto è lo stesso che si ha in un igloo: in pratica l’acqua che gela mantiene il fiore e la foglia a una temperatura che non scende mai sotto lo zero, anche se fuori ci sono temperature molto più rigide. Il segreto però è di non interrompere mai l’erogazione dell’acqua, altrimenti lo strato gelido che protegge la foglia può essere passato lo stesso da temperature più basse.

Come si può prevenire quindi la gelata?

Noi utilizziamo due termometri posizionati a circa un metro e mezzo di altezza tra le piante. Uno è lasciato libero, l’altro immerso in una calza bagnata. Il nostro riferimento sarà quello perché a noi interessa sapere quanto la temperatura inciderà sul livello di umidità. Nel momento in cui arriviamo ad avere nella prima parte della notte temperature che arrivano a zero allora cominciamo ad aprire gli irrigatori.

Un investimento costoso, ma utile.

Indispensabile se vogliamo salvare il raccolto, specialmente per quanto riguarda la frutticoltura che è particolarmente sensibile alla gelata. Occorre avere un impianto di irrigazione molto efficiente e naturalmente il consumo di acqua in questi casi è notevole, tuttavia non è frequente l’utilizzo di questa tecnica.

Oltre a questa del 2021 si ricorda altre annate critiche?

Noi siamo arrivati in Toscana nel 1992. La prima volta che abbiamo utilizzato questa pratica è stato con mio padre, nel 1995. Poi negli anni 2000 quasi mai praticamente, per poi arrivare al 2017 quindi all’anno scorso.

In Toscana, nella zona in cui vive in particolare, ci sono anche tanti vigneti: potrebbe essere questa una soluzione anche per salvare la viticoltura da sbalzi termici?

Direi di no. Primo perché la vite è più resistente, ma soprattutto perché una pratica del genere per prevenire eventi atmosferici sporadici come questo non vale il costo dell’impianto. Nella frutta l’irrigazione è consentita ed è fondamentale, nella viticoltura sarebbe un semplice accessorio in più.

Si dice che il clima cambia in ascesa delle temperature, eppure viviamo anche questi fenomeni al contrario. Secondo lei da che dipendono?

Sicuramente il lockdown ha reso l’aria meno inquinata, quindi il freddo, che sale dal terreno in particolare, trova meno inquinamento e agisce di più. Lo stesso potrebbe dipendere dall’inquinamento dell’atmosfera più in alto, dovuto a un calo notevoli degli spostamenti d’aria e di scie inquinanti degli aerei, ma sono solo ipotesi di un imprenditore agricolo.

Situato a 400 s.l.m. fra le dolci colline di Montepulciano, in provincia di Siena, Podere Fontecornino è un’azienda agricola biologica che coltiva mele per circa 15 ettari. L’intera attività quotidiana è imperniata sui ritmi di lavorazione di questo frutto molto apprezzato, che da anni viene prodotto osservando i principi della coltivazione biologica e giovandosi della preziosa esperienza maturata da tre successive generazioni di contadini. Le mele vengono avviate al consumo nei mercati locali oppure trasformate nella stessa azienda in succhi di frutta, aceto, sidro o anche essiccate.

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