Hamburger con 100% di carne certificata per rilancio della Chianina. Proposta Anabic contro costi di produzione alle stelle e redditi in calo

PERUGIA – La crisi di mercato e la forte riduzione dei prezzi a danno degli allevatori, che da alcuni mesi gravano sull’intera filiera produttiva della carne bovina di razza Chianina, sta mettendo a rischio numerose aziende zootecniche che allevano questa importante e famosa razza del patrimonio bovino italiano.

La domanda di chianina tiene, ma è la redditività degli allevatori ad essere calata, anche a causa dei costi di produzione che sono aumentati, erodendo il margine di guadagno.

Così Anabic (Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne), dopo aver incontrato numerosi allevatori per approfondire e analizzare la situazione, ha promosso una prima iniziativa concreta e ha scritto al Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp per chiedere la modifica delle “Linee guida relative all’uso del marchio Igp sui prodotti trasformati contenenti carne”, dove gli hamburger rappresentano la parte predominante.

Attualmente si possono fregiare del marchio di qualità Igp anche hamburger di carne bovina che contengono solamente il 75% di carne certificata: il rimanente 25% può quindi provenire da qualsiasi altra razza, da carne e/o da latte, anche di origine estera.

Gli hamburger di carni miste di varie specie, quindi bovina, suina e avicola,  per potersi fregiare del marchio Igp devono invece essere preparati con il 50% di carne certificata.

“Al fine di favorire un maggior utilizzo di carne di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp e in particolare di razza Chianina nei prodotti trasformati a base di carne, in primis l’hamburger – si legge nella lettera che il presidente di Anabic, Luca Panichi, ha indirizzato al suo omologo del Consorzio di tutela -; nell’interesse degli allevatori chiediamo di portare dal 75% al 100% la percentuale di carne certificata da utilizzare per poter autorizzare l’uso del marchio Igp sui prodotti trasformati a base di carne e sugli hamburger. Riteniamo che questo sia un primo, forte segnale per valorizzare a pieno il marchio Igp Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale e le sue razze, in particolare la Chianina, ponendo al centro di questa iniziativa un prodotto di larghissimo e crescente consumo come l’hamburger. Siamo convinti che questo favorirebbe un aumento della domanda di vitelloni Igp, garantirebbe una maggiore trasparenza alla filiera produttiva dei prodotti trasformati che si fregiano del marchio,  faciliterebbe la comprensione delle etichette”.

Per Luca Panichi il rilancio della carne di razza Chianina e il superamento della crisi che stanno patendo gli operatori del settore passa necessariamente da qui.

“La razza Chianina è quella che traina il marchio Igp del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale – spiega il presidente di Anabic – e rappresenta più del 50% delle certificazioni annuali.  La domanda da parte del mercato non dà segni di contrazione, tant’è vero che nel primo semestre di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2022, abbiamo registrato 192 certificazioni in più.  Non dobbiamo dimenticare poi l’aumento dei costi di produzione a carico degli allevatori che in un anno ha registrato un’impennata media del 30% a causa del rincaro dei costi energetici, di quelli per l’acquisto di fieno, paglia, mangimi, sementi, gasolio per la fienagione”.

Una situazione che definire complessa è riduttivo e che richiede azioni mirate ed efficaci.

MODIFICA ANCHE PER LA ROMAGNOLA E MARCHIGIANA

“La modifica che chiediamo – precisa ancora Panichi – non riguarda solamente la carne di razza Chianina, ma anche quella delle altre due razze che rientrano nell’Igp del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, la Romagnola e la Marchigiana, ed è per questo che abbiamo indirizzato la lettera per conoscenza anche al ministero dell’Agricoltura, agli assessori regionali all’Agricoltura di Umbria, Marche, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Molise e Campania, (le regioni interessate dal marchio Igp), oltre che alle tre confederazioni agricole Coldiretti, Confagricoltura e Cia.

Il tema infatti coinvolge un vasto numero di allevatori delle razze autoctone italiane da carne, oggi al centro di  una crisi di mercato che rischia di provocare la dispersione di un patrimonio di grande valore e che rappresenta uno degli aspetti identitari delle regioni italiane di produzione. La posta in gioco è molto alta – conclude la sua riflessione Luca Panichi – dobbiamo agire in fretta con azioni concrete ed efficaci. Pensiamo che questo sia un ottimo inizio”.

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